Il museo in pillole

Diario di Bordo

Sulla pagina Facebook del Sistema Museale di Ateneo stiamo pubblicando il nostro Diaro di bordo, con piccoli contributi quotidiani su tutti i musei.

  • Vaso-ritratto in stile Chimù Inca (XV-XVI sec.) Il Museo di Anatomia Umana possiede dei preziosi reperti archeologici provenienti dal Sud America. Questa importante collezione precolombiana, pervenuta al Museo tra il 1860 ed il 1870, fu raccolta in Perù grazie agli scavi effettuati da Carlo Regnoli (1838-1873), medico e studioso dell’Università di Pisa.
  • Da Haiti a Pisa: il piede di una regina al Museo di Anatomia Umana Maria Luisa Codovic nacque nel 1778 da genitori liberi. Suo padre era proprietario di un albergo di Cap Français, l’Hotel de la Couronne, frequentato dai bianchi colonizzatori, ma anche da neri e meticci.
    In quel locale ci si divertiva, si giocava, ma si combinavano anche affari importanti…
  • Ceroplastica anatomica Il Museo di Anatomia Umana “Filippo Civinini” conserva molti modelli anatomici realizzati con la cera. L’uso della cera per modellare figure ha origini antichissime e si sviluppò ampiamente sia per ragioni puramente estetiche che per esigenze tecniche, considerando la facilità di lavorazione…
  • La “mummia” di Gaetano Arrighi Gaetano Arrighi, nato ad Arezzo nel 1789 e detenuto del bagno penale di Livorno, era un criminale accusato, per lo più, di furti. Imbalsamato attraverso iniezioni di arsenico e mercurio praticate alla base del collo, il corpo restò nel seminterrato dell’Ospedale Civico di Livorno fino a quasi 10 anni fa, quando fu donato al Museo di Anatomia Umana.
  • Congressisti in visita al Museo di Anatomia Umana Il Museo di Anatomia Umana vide la sua inaugurazione ufficiale nel 1839 grazie all’allora direttore, dissertore e ripetitore, Filippo Civinini. In quello stesso anno Pisa ospitò un evento di considerevole importanza: la Prima Riunione degli Scienziati Italiani, un convegno che attirò nella nostra città anche scienziati da tutta l’Europa.
  • Le mummie precolombiane All’interno della prima sala del museo, intitolata a Carlo Regnoli, è possibile ammirare i reperti precolombiani provenienti da antiche tombe del sud America tra cui due mummie intere ben conservate del XIII – XV secolo.
  • Realdo Colombo: il medico di Michelangelo Buonarroti. Un capolavoro mai realizzato.Il secondo busto che troviamo nella Galleria dei Busti è quello di Realdo Colombo ( (Cremona, 1516 – Roma, 1559), anatomista che contribuì a dare una prima descrizione della circolazione polmonare. Colombo fu direttore del museo pisano dal 1545 al 1548, ma vide i suoi anni migliori trasferitosi a Roma dove conobbe Michelangelo Buonarroti, che divenne suo paziente in quanto soffriva di dolori renali.
  • La Galleria Mascagni: un nuovo modo di illustrare l’Anatomia La Galleria Mascagni custodisce la collezione completa ed originale delle tavole anatomiche dell’anatomista Paolo Mascagni, incisioni in rame dipinte ad acquarello, realizzate dal calcografo Antonio Serantoni nella seconda metà del Settecento.
  • La Galleria Mascagni: i modelli “esplosi” L’affidabilità e la precisione delle tavole del Mascagni è tale da rendere queste incisioni tanto affidabili allora quando oggi. Pare che Paolo Mascagni avesse utilizzato circa 300 corpi per poterle realizzare.
  • Filippo Pacini, i suoi  “corpuscoli tattili” e gli studi sul colera. Filippo Pacini (1812-1883), docente all’Università di Pisa di origine pistoiese, lega il suo nome ai “corpuscoli tattili di Pacini” presenti nel derma.
  • Cartapesta didattica. Nel museo di Anatomia Umana è conservata un’ampia collezione di oggetti in plastica, cera, resina o altri materiali che, in passato erano impiegati per uso puramente didattico in mancanza di un corpo vero da poter studiare.
  • Un cranio “esploso”. Nella collezione del museo è presente  un cranio “esploso”, di fabbricazione francese, impiegato a scopo didattico.
  • Reperti in cera. Un modello plastico di lesione da iprite. L’iprite, conosciuto comunemente con il nome di “gas mostarda” per il suo particolare odore, è un gas che trae il suo nome dalla città belga di Ypres, dove fu impiegato per la prima volta.
  • Una vita segnata dall’acromegalia (gigantismo). Uno dei reperti conservati nel museo è il calco in gesso dello scheletro di un giovane affetto da acromegalia.
  • I denti in mostra. Questo cranio, esposto nella prima sala, era mostrato durante le lezioni di medicina. Come è ben visibile, un’ampia parte di osso è stata rimossa, esponendo completamente le arcate dentali.
  • Gaspare Aselli e le “vene lattee”. L’ultimo busto nella relativa galleria del museo è quello che ritrae Gaspare Aselli (1581-1625), studioso che descrisse i vasi linfatici dell’intestino.

Contributi

Vaso-ritratto in stile Chimù Inca (XV-XVI sec.)

Il Museo di Anatomia Umana possiede dei preziosi reperti archeologici provenienti dal Sud America. Questa importante collezione precolombiana, pervenuta al Museo tra il 1860 ed il 1870, fu raccolta in Perù grazie agli scavi effettuati da Carlo Regnoli (1838-1873), medico e studioso dell’Università di Pisa.

Regnoli si distinse su vari fronti: come medico partecipò alla Terza Guerra d’Indipendenza dove curò i militari feriti e, appassionato di archeologia, compì ricerche sia in Egitto che in Sudamerica.


In particolare, nel 1869 effettuò una importante spedizione in Perù da dove riportò i vasi precolombiani, resti botanici, alcuni esemplari di mummie ed i Corredi Funerari.
Nella foto un esempio di vaso-ritratto in stile Chimù Inca (XV-XVI sec.) con piede tronco-conico cavo e collo concavo. Il personaggio maschile raffigurato indossa un berretto decorato a incisione con fasce di motivi a scala e circoli nella parte superiore e con un motivo a spina di pesce nella parte inferiore. La superficie, nera sul berretto e rossa sul resto del vaso è ingubbiata.
Le orecchie, con orecchini rotondi, sono state aggiunte successivamente.

Ceroplastica anatomica

Il Museo di Anatomia Umana “Filippo Civinini” conserva molti modelli anatomici realizzati con la cera. L’uso della cera per modellare figure ha origini antichissime e si sviluppò ampiamente sia per ragioni puramente estetiche che per esigenze tecniche, considerando la facilità di lavorazione. Lo studio dell’anatomia umana direttamente sul cadavere era fortemente osteggiato tanto dalle autorità civili quanto da quelle religiose.

In Italia sono conservate ceroplastiche nei musei anatomici delle Università di Pisa, Cagliari, Ferrara, Modena, Napoli, Parma, Sassari e Siena.

I procedimenti tecnici non ci sono pervenuti in maniera chiara. Ogni ceroplasta aveva inoltre tecniche proprie di cui era estremamente geloso. A ogni modo, una volta preparato il pezzo da riprodurre, ne veniva fatta una copia esatta in creta o in cera di poco pregio e su questa veniva fatto il calco in gesso. I calchi costituivano una matrice che poteva essere usata anche più volte. La parte più difficile e delicata era però la costruzione del modello definitivo, che richiedeva una grande precisione e la conoscenza delle varie sostanze da miscelare alla cera per avere la consistenza e il colore desiderati. Era importante che la cera fondesse lentamente a bagnomaria, perché non cambiasse colore.
Alcuni preparati sono in cera piena, ma per la maggior parte sono cavi, e per renderli meno fragili le cavità venivano riempite con stracci, stoppa o pezzi di legno.

L’anatomico assisteva sempre all’assemblaggio, per garantire la correttezza esecutiva e scegliere le posizioni ottimali per evidenziare determinati organi.

Da Haiti a Pisa: il piede di una regina al Museo di Anatomia Umana

Maria Luisa Codovic nacque nel 1778 da genitori liberi. Suo padre era proprietario di un albergo di Cap Français, l’Hotel de la Couronne, frequentato dai bianchi colonizzatori, ma anche da neri e meticci.
In quel locale ci si divertiva, si giocava, ma si combinavano anche affari importanti. Non c’era una rigida distinzione imposta sulla base del colore della pelle e per gli schiavi era possibile ottenere la libertà, sotto pagamento o anche per regalo.
Fu proprio in quel contesto che Codovic e sua moglie, in precedenza schiavi, divennero liberi, mentre Maria Luisa e sua sorella Maria Genevieva nacquero già libere.


Codovic teneva molto all’istruzione: la sua e
ra approssimativa, ma per le figlie ne volle garantire una seria. Un giorno Codovic acquistò uno schiavo nero da un giovane ufficiale di ritorno dalla battaglia di Savannah, sbarcato a Cap Français e alloggiato nel suo locale: si trattava del giovane Christophe.
Fra Christophe e Maria Luisa nacque dapprima una tenera amicizia, durante l’infanzia, e poi un affetto sempre più intenso che culminò nel matrimonio. Maria Luisa curò l’istruzione di Christophe e infine lo liberò dalla schiavitù, rendendolo un uomo colto e libero.
Quando Christophe si proclamò re di Haiti, divenendo così il primo re nero del mondo occidentale, Maria Luisa divenne naturalmente regina. Alla morte del re, Maria Luisa ottenne di poter lasciare il Paese, insieme alle figlie e si rifugiò dapprima in Inghilterra, e poi, per ragioni di salute, in Italia, a Pisa. Grazie alla benevolenza del generale Boyer, successore di Pétion, che nel frattempo aveva riunito Haiti in un’unica repubblica, venne raggiunta dalla sorella, che l’assisterà fino al 14 marzo 1851 quando morì a Pisa.
Durante il soggiorno pisano alla Regina fu amputato un piede che, assieme allo scheletro di una su donna di servizio, confluì nelle collezioni del Museo di Anatomia. Attualmente il piede risulta disperso o non identificabile: la permanenza della regina è testimoniata dall’epigrafe funebre, conservata nella chiesa dei Cappucini di Pisa.

La “mummia” di Gaetano Arrighi

Gaetano Arrighi, nato a Santa Maria a Quarto (Firenze) nel 1789 e detenuto del bagno penale di Livorno, era un criminale accusato, per lo più, di furti. Il 3 marzo 1836, all’età di 47 anni, si ammalò gravemente e fu ricoverato in ospedale dove morì dopo circa una settimana.
Il referto di morte dichiarò il decesso per febbre reumatica, anche se un cartellino legato al collo della “mummia” attribuisce la morte a una pleurite: “GAETANO ARRIGHI Nato ad Arezzo nel 1789, forzato nel Bagno Penale di Livorno, morto il 9 Marzo 1836 di pleurite ricoverato nel Civico Ospedale nella Sala di San Filippo Neri ed imbalsamato il 10 marzo 1836 nella Stanza Anatomica del suddetto dal Sopraintendente Barsanti Dott. Raimondo col metodo della iniezione Tranchiniana”.

Imbalsamato attraverso iniezioni di arsenico e mercurio praticate alla base del collo, il corpo restò nel seminterrato dell’Ospedale Civico di Livorno fino a quasi 10 anni fa, quando fu donato al Museo di Anatomia Umana. Qui fu restaurato e vennero impiegate tecniche radiografiche per studiarlo approfonditamente.È altro circa 153 cm, pesa 19 kg circa ed è di consistenza lignea. I bulbi oculari in vetro e ceramica bianca furono inseriti in sostituzione dei bulbi oculari.

dizioni climatiche che ne hanno ostacolato la naturale decomposizione. In presenza di un qualunque intervento umano parleremo di “corpo preservato/imbalsamato”.

Grazie a un appassionato studioso, Daniele Monnanni, ne fu fatta una fedele replica e ne fu anche ricostruito il volto con l’uso della tecnologia 3D. Grazie a questa ricostruzione oggi conosciamo il volto di Gaetano.

In questo testo abbiamo parlato di “mummie” per rendere la descrizione più immediatamente comprensibile ma, occorre ricordare che per “mummia” intendiamo un corpo preservatosi spontaneamente grazie a condizioni climatiche che ne hanno ostacolato la naturale decomposizione. In presenza di un qualunque intervento umano parleremo di “corpo preservato/imbalsamato”.

Congressisti in visita al Museo di Anatomia Umana

Il Museo di Anatomia Umana vide la sua inaugurazione ufficiale nel 1839 grazie all’allora direttore, dissertore e ripetitore, Filippo Civinini.
In quello stesso anno Pisa ospitò un evento di considerevole importanza: la Prima Riunione degli Scienziati Italiani, un convegno che attirò nella nostra città anche scienziati da tutta l’Europa. L’evento fu sostenuto anche dal granduca di Toscana Leopoldo II.
A differenza dei “congressi moderni”organizzati su temi specifici, quello del 1839 riunì studiosi delle più varie discipline: medicina, geologia, geografia, mineralogia, fisica, chimica, matematica, agronomia, tecnologia, botanica, zoologia e anatomia comparata.
Durante quell’occasione venne realizzato un manifesto che riporta i nomi ed il luogo di provenienza di tutti i partecipanti e che è esposto all’interno della Galleria Mascagni. Da notare come siano presenti, in gran numero, anche scienziati d’oltralpe, provenienti da tutta l’Europa: Danimarca, Austria, Francia, Inghilterra, Germania, Svizzera ecc…
Due cose in particolare meritano di essere osservate con attenzione: l’aggettivo“italiani” presente nel titolo e la totale assenza degli scienziati dello Stato Pontificio ai quali non fu permesso di partecipare.
Dietro alla scelta della parola “italiani”, per un convegno tenuto quando l’Italia unita ancora non esisteva, non mancò anche una lettura politica dell’evento.
Il Museo custodisce una copia in bianco e nero del manifesto, mentre quella a colori è possibile osservarla presso l’Archivio Nazionale di Praga.
I partecipanti al congresso visitarono il Museo di Anatomia Umana, come testimoniato dal “libro delle firme” ancora conservato presso la sede museale.

Le mummie precolombiane

All’interno della prima sala del museo, intitolata a Carlo Regnoli, è possibile ammirare i reperti precolombiani provenienti da antiche tombe del sud America tra cui due mummie intere ben conservate del XIII – XV secolo.

Ritrovate all’interno dei fardos, termine spagnolo che indica un involucro composto da molti strati di stoffa alternati a foglie o fiocchi di cotone che avvolgevano il defunto, le mummie presentano un tipico atteggiamento fetale, simbolismo eloquente della fede, ancora oggi saldissima, nella sacra maternità della Terra e nell’azione degli spiriti antenati per il controllo della fertilità del suolo e la fecondità dei loro discendenti. Una delle mummie presenta anche il cranio artificialmente deformato, probabilmente un’alterazione scelta per ragioni puramente sociali.

Queste mummie preservatesi spontaneamente grazie al clima caldo e arido del deserto della costa peruviana, giunsero a noi proprio grazie a Regnoli che si occupò dello studio delle civiltà preincaiche Supe, Chimù-Lambayeque, Chimù e Chimù-Inca della parte settentrionale, Chancay e Huancho della parte centrale; Chinca nella parte centro-meridionale.

Realdo Colombo: il medico di Michelangelo Buonarroti. Un capolavoro mai realizzato.

Il secondo busto che troviamo nella Galleria dei Busti è quello di Realdo Colombo ( (Cremona, 1516 – Roma, 1559), anatomista che contribuì a dare una prima descrizione della circolazione polmonare. Colombo fu direttore del museo pisano dal 1545 al 1548, ma vide i suoi anni migliori trasferitosi a Roma dove conobbe Michelangelo Buonarroti, che divenne suo paziente in quanto soffriva di dolori renali. Anche Colombo, come Vesalio, pubblicò un testo proprio intitolato De Re Anatomica e che doveva essere illustrato da Michelangelo Buonarroti. Una tale collaborazione non solo avrebbe prodotto un testo scientificamente ed artisticamente eccezionale, ma avrebbe permesso a Colombo di rivaleggiare a testa alta con il volume di Vesalio. Sfortunatamente Michelangelo non realizzò mai le illustrazioni per il De Re Anatomica, forse per la sua età avanzata o forse perché, secondo la storia, intenzionato a pubblicare un testo proprio con immagini anatomiche e quindi non voleva condividere con terzi il proprio lavoro. Fu così che, nel 1559, il testo di Colombo venne pubblicato completamente privo di immagini, fatta eccezione per il frontespizio.

La Galleria Mascagni: un nuovo modo di illustrare l’Anatomia

La Galleria Mascagni custodisce la collezione completa ed originale delle tavole anatomiche dell’anatomista Paolo Mascagni, incisioni in rame dipinte ad acquarello, realizzate dal calcografo Antonio Serantoni nella seconda metà del Settecento.

Queste illustrazioni su sfondo bianco sono considerate alcune delle prime immagini scientifiche moderne. All’epoca la rappresentazione scientifica conteneva anche elementi artistici, come vedute di paesaggio, in contesti di illustrazione anatomica. La sezione di un corpo poteva quindi ritrovarsi circondata da vari elementi e sfondi decorativi.

In questo caso, invece, l’importanza massima viene data alla rappresentazione scientifica che qui è l’unica a trovare spazio. Sono immagini simili a quelle che oggi troviamo nei più moderni testi di anatomia.

La Galleria Mascagni: i modelli “esplosi”

La Galleria Mascagni custodisce la collezione completa ed originale delle tavole anatomiche dell’anatomista Paolo Mascagni, incisioni in rame dipinte ad acquarello, realizzate dal calcografo Antonio Serantoni nella seconda metà del Settecento.

L’affidabilità e la precisione delle tavole del Mascagni è tale da rendere queste incisioni tanto affidabili allora quando oggi. Pare che Paolo Mascagni avesse utilizzato circa 300 corpi per poterle realizzare. In alcune tavole i muscoli superficiali appaiono parzialmente recisi e poi ribaltati, ottenendo così modelli esplosi che permettono di visualizzare quelle parti del corpo che altrimenti sarebbero rimaste a noi nascoste.

Filippo Pacini, i suoi  “corpuscoli tattili” e gli studi sul colera

Filippo Pacini (1812-1883), docente all’Università di Pisa di origine pistoiese, lega il suo nome ai “corpuscoli tattili di Pacini” presenti nel derma.
Tali corpuscoli erano già stati individuati ma Pacini fu il primo a comprenderne la reale funzione, grazie ai suoi studi al microscopio. Dopo il suo periodo pisano si trasferì a Firenze dove, sempre grazie all’uso del microscopio, fece un’altra scoperta rilevante individuando il vibrione del colera. Questo fu il suo più grande contributo alla microbiologia. Pacini dimostrò di avere ampie conoscenze anche in campo epidemiologico trovando nell’acqua il mezzo di diffusione perfetto del colera. Notò, infatti, che nei quartieri dove si verificavano danni alla rete idrica aumentavano considerevolmente i casi di contagio rispetto ad altri quartieri.

Cartapesta didattica

Nel museo di Anatomia Umana è conservata un’ampia collezione di oggetti in plastica, cera, resina o altri materiali che, in passato erano impiegati per uso puramente didattico in mancanza di un corpo vero da poter studiare. Nella seconda sala del museo si trova una straordinaria ricostruzione in cartapesta di un corpo umano a grandezza naturale, di produzione francese. Nota interessante di questo modello smontabile sono le numerose strisce di carta che riportano in lingua francese i nomi delle varie parti del corpo.

Un cranio “esploso”

Nella collezione del museo è presente  un cranio “esploso”, di fabbricazione francese, impiegato a scopo didattico. Presenta un meccanismo di viti e cursori che permette di espandere e ricompattare le singole ossa craniche, in modo da comprenderne il rapporto articolare.

Reperti in cera. Un modello plastico di lesione da iprite

Interessante è la ricostruzione plastica di una mano che mostra una lesione da iprite. L’iprite, conosciuto comunemente con il nome di “gas mostarda” per il suo particolare odore, è un gas che trae il suo nome dalla città belga di Ypres, dove fu impiegato per la prima volta. A contatto con la pelle è in grado di causare gravi lesioni (come vesciche) che, in grande quantità, portano alla morte. Fu utilizzato per la prima volta da Erich von Falkenhayn durante la Prima Guerra Mondiale. Il modello del museo fu realizzato in Ucraina e riporta la didascalia in cirillico.

Una vita segnata dall’acromegalia (gigantismo)

Uno dei reperti conservati nel museo è il calco in gesso dello scheletro di un giovane affetto da acromegalia. L’acromegalia è una patologia endocrina causata da un tumore benigno dell’ipofisi che produce in eccesso l’ormone della crescita, causando lo sviluppo incontrollato dell’apparato scheletrico. Questa patologia, se non correttamente trattata, può portare anche alla morte poiché interessa anche i muscoli e i visceri, determinando l’insufficienza di organi vitali. Quando l’apparato scheletrico ha raggiunto dimensioni eccezionali, alla fine dell’accrescimento, non può allungarsi ulteriormente: le ossa così continuano a crescere aumentando di spessore alterando l’aspetto dello scheletro. Tale deformazione è ben visibile in alcuni particolari ispessiti e accentuati, come le arcate sopraccigliari e gli zigomi che conferirono al ragazzo un aspetto quasi “primitivo”. Da documenti d’archivio sappiamo che questo giovane lavorava per sua condizione nei circhi di Pisa e Livorno come fenomeno da baraccone. Lo scheletro naturale, alto circa 2 metri, fu richiesto dalla famiglia per la sepoltura.

I denti in mostra

Questo cranio, esposto nella prima sala, era mostrato durante le lezioni di medicina. Come è ben visibile, un’ampia parte di osso è stata rimossa, esponendo completamente le arcate dentali.

Una nota molto curiosa è data dalla presenza dei famosi “denti del giudizio”, che vediamo come ultimi molari. Quelli inferiori sono in grave posizione anomala.

Gaspare Aselli e le “vene lattee”

L’ultimo busto nella relativa galleria del museo è quello che ritrae Gaspare Aselli (1581-1625), studioso che descrisse i vasi linfatici dell’intestino.
All’epoca questo sistema non era ancora stato identificato correttamente e lo stesso Aselli non ne comprese la natura linfatica, chiamandoli “vene lattee” piuttosto che “vasi”. La loro particolarità è suggerita proprio dal nome “lattee”. Questi vasi sono ricchi di una sostanza bianca, grassa, proveniente dall’assorbimento intestinale, a differenza degli altri vasi del  corpo umano contenenti una linfa trasparente. Gaspare Aselli ne individuò la presenza praticando dissezione sui cani e notando come, in fase di digestione, i vasi si riempissero della sostanza lattescente mentre a digiuno fosse assente.